domenica 11 maggio 2008

L'esistenza di Dio



Che tutte le pretese dimostrazioni dell’esistenza di Dio sono state fallimenti è inconfutabilmente provato dal duplice fatto che continuano ad esistere molti non credenti e che gli stessi credenti certamente non sono tali perché hanno letto le prove ontologiche di S.Anselmo, di Cartesio e di Leibniz, e tanto meno la dimostrazione di Gödel. Esse lasciano il tempo che trovano, perché, nel migliore dei casi (come quella di Gödel) dimostrano quello che in altra forma è già contenuto nelle premesse, cioè è già ammesso, che in tali dimostrazioni coincide comunemente con l’esistenza stessa di Dio. D’altra parte il ragionamento logico non può fare altro. E questo non è un fatto nuovo: la logica, sostanzialmente, non produce nuova conoscenza, poiché non è altro che uno strumento per porre in luce ciò che nelle premesse è già nascostamente contenuto, tanto che se il risultato cui conduce un ragionamento logico è in contrasto con l’ipotesi, esso è falso (cioè tale lo marchiamo al lume della nostra stessa logica). Albert Einstein diceva della logica: “Il pensiero logico, da solo, non ci può fornire conoscenze sul mondo dell’esperienza e termina in essa. Le proposizioni puramente logiche sono vuote davanti la realtà.”[2]. Inoltre, pur ammettendone il valore probante, dimostrazioni del tipo di quella di Gödel, vale a dire espresse in un linguaggio così tecnico, sarebbero comprensibili soltanto ai ‘logici’ di professione e la certezza dell’esistenza di Dio sarebbe un privilegio di pochissimi eletti, perciò quelle dimostrazioni perderebbero di fatto gran parte del loro ‘valore probante’. A che servirebbe una dimostrazione che, su un milione di persone, risultasse comprensibile soltanto ad una, escludendo dalla ‘verità’ tutte le altre?
Il nostro grande logico Roberto Magari, nel 1987, ha analizzato la dimostrazione di Gödel, così esprimendosi: “In sostanza, a me pare, Gödel deduce correttamente da certi assiomi la sua tesi (anche se bisogna mettersi d’accordo su che cosa possa significare ‘Dio’), ma non ci sono motivi di credere veri gli assiomi più di quanti ce ne siano per accettare direttamente la tesi”[3]. In altri termini: se ritengo vere le premesse, la tesi risulta vera, ma le premesse sono vere per ‘mia’ scelta e inoltre nel caso della dimostrazione di Gödel, come osserva Piergiorgio Odifreddi, la tesi (esistenza di Dio) coincide quasi con l’ipotesi (essere Dio è una proprietà positiva). Ecco perché, come dice Magari, tanto vale accettare direttamente come vera la tesi. L’osservazione di Magari sul significato non specificato di ‘Dio’ è poi la classica osservazione che si può fare sulle idee primitive di un qualunque sistema assiomatico (o ipotetico-deduttivo): la loro natura risulta indeterminata, perché esse sono soltanto implicitamente (e non esplicitamente!) definite dagli assiomi. Chi volesse approfondire l’argomento, può utilmente leggere il volumetto di recente pubblicato da Bollati Boringhieri Editore La prova matematica dell’esistenza di Dio, con interventi di Gabriele Lolli, Robert Merrihew Adams, Pergiorgio Odifreddi e Roberto Magari.
L’unico significato di queste pretese dimostrazioni dell’esistenza di Dio è umano e nulla più. Esse altro non erano che gli sforzi da parte di ‘teofili’ di fornire “ingegnosi argomenti a sostegno delle loro credenze o di quelle che desideravano si confermassero come loro credenze”[4]. Al di là delle sterili e inutili diatribe fra ‘teofili’ e ‘teofobi’, si può asserire che le dimostrazioni dell’esistenza di Dio e le loro confutazioni dimostrano in realtà una sola cosa: che l’essere o non essere religiosi non ha alcuna correlazione con le capacità intellettive. Si possono citare tanti grandi ingegni sia per l’una sia per l’altra parte. Oggi, in cui prevale la tendenza dell’ateismo fra molti intellettuali, occorre ricordare che furono molto religiosi uomini come Keplero, Galilei, Cartesio, Leibniz, Max Planck, Ettore Majorana, Bruno de Finetti e, a suo modo, Albert Einstein, del cui genio certamente non vorranno dubitare i più accaniti ‘teofobi’. I tentativi di fornire prove ontologiche dell’esistenza di Dio sono la pretesa più ingenua di creare una ‘religione razionale’, che Max Planck (il creatore della fisica quantistica) riteneva “del tutto fuori strada.”[5] Ancora più circostanziato è questo brano di un Maestro dei nostri tempi, Bruno de Finetti: “L’idolatria della ‘dea ragione’ è illusoria, perché chiunque voglia giustificare mediante un ragionamento una sua convinzione qualsiasi pecca anzitutto contro la propria fede mostrando di credervi meno che al ragionamento su cui crede fondarla, e offende inoltre, e doppiamente, la stessa logica; la offende nella generalità, in quanto come strumento la logica è assai più duttile essendo applicabile anche a dimostrare il contrario pur di partire da ipotesi adatte, e la offende nel rigore, perché se la conclusione non è contenuta nelle ipotesi il ragionamento è un sofisma.”[6]

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[2]A.Einstein - La questione del metodo. In: "Come io vedo il mondo", Giachini, Milano, p.67.
[3]R. Magari- Logica e teofilia in Kurt Gödel. In: "La prova matematica dell’esistenza di Dio". Bollati Boringhieri Editore, Torino 2006, p. 96.
[4]R. Magari – Op. citata, p. 95.
[5]M. Planck – Scienza, filosofia e religione. Fratelli Fabbri Editori, Milano 1973, p. 158
[6]B. de Finetti – Pirandello Maestro di Logica. In: “Quadrivio” 5-12-1937.

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