sabato 12 aprile 2008

Storiella tibetana

Un mendicante viaggiava con la propria carovana in una giornata assai burrascosa: a un tratto il vento gli portò via il cappello e lo proiettò lontano fra i cespugli.

I tibetani credono che raccogliere il proprio cappello caduto a terra quando si è in viaggio sia di cattivo augurio.

E il mendicante superstizioso lasciò lì il cappello.

Il cappello era di morbido feltro, munito di copriorecchie di velluto; ma, affondato nei cespugli e mezzo nascosto fra i rami, non era facile identificarlo.

Alcune settimane dopo, sul far della notte, un uomo che passava da quelle parti vide confusamente qualche cosa nascosta in mezzo ai cespugli; non essendo molto coraggioso, affrettò il passo e proseguì il cammino.

Ma, nel primo villaggio che attraversò, raccontò di avere visto “qualche cosa di strano”, a poca distanza da lì, in mezzo ai cespugli.

Il tempo passò e altri viaggiatori, passando da quel posto, scorsero un oggetto strano che non sapevano riconoscere e ne parlarono nel medesimo villaggio.

E così di seguito: molti passanti intravidero l’innocente cappello e lo segnalarono all’attenzione degli abitanti del paese.

Frattanto, per effetto del sole, della pioggia e della polvere, il feltro aveva cambiato colore e i copriorecchi raddrizzati davano vagamente l’idea di due orecchie pelose di animale.

La forma di quel cappello era quindi diventata ancora più strana. Avvenne così che i viaggiatori e i pellegrini che si soffermavano nel villaggio fossero avvertiti che ai margini del bosco una cosa, né uomo né bestia, vi si teneva nascosta e che bisognava guardarsene.

Alcuni sospettarono e andarono dicendo che la “cosa” poteva anche essere il Demonio; e non passò molto tempo che l’oggetto fino ad allora anonimo venisse definitivamente promosso al rango di Diavolo. Il Diavolo, nascosto in un angolo del bosco.

Un giorno alcuni viaggiatori videro quel cencio di cappello muoversi; un altro giorno lo videro divincolarsi tra le spine che lo imprigionavano e cercare di liberarsene.

Finalmente, un altro giorno ancora, il cappello si mise a inseguire i passanti che, coi capelli irti dallo spavento, se la diedero a gambe.

Il cappello era stato animato per effetto dei numerosi pensieri concentrati su di esso.


Questa storia, che tutti affermano vera, è raccontata dai Lama per far comprendere il potere che ha la concentrazione del pensiero anche quando si effettua inconsciamente e senza uno scopo determinato.

Controlla i tuoi pensieri poiché è da loro che scaturisce ogni cosa che accade nella tua vita.

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